Position Statement 2015 sulla gestione della terapia dell’iperglicemia
A cura di: Gianluigi Spata e Giuseppe Figliola – referenti area diabetologica SNAMID Nazionale
L’American Diabetes Association (ADA) e l’European Association for the study of Diabetes (EASD), dando per scontato che il raggiungimento di un target glicemico soddisfacente sia un obiettivo fondamentale per la riduzione del rischio dell’insorgenza e della progressione delle complicanze cardiovascolari nel paziente diabetico, hanno ritenuto necessario pubblicare un Position Statement su Diabetes Care (1) sulla gestione dell’iperglicemia in pazienti affetti da diabete tipo 2 alla luce anche dei nuovi farmaci antidiabetici.
A prescindere dal richiamo all’adozione di stili di vita corretti come fondamentale per un buon controllo del profilo glicemico, una parte sicuramente innovativa è l’inserimento, tra le varie opzioni terapeutiche, di una nuova classe di farmaci ipoglicemizzanti come i SGLT2 (inibitori del cotrasporto sodio-glucosio 2) che agiscono diminuendo il riassorbimento di glucosio a livello del nefrone prossimale con conseguente aumento dell’escrezione urinaria.
Tra gli altri effetti positivi di questi farmaci è il calo ponderale (circa 2 Kg.); l’abbassamento dei valori pressori, sia sistolica che diastolica; una diminuzione dell’acido urico (sono in corso degli studi sull’impatto di questi farmaci sul rischio cardiovascolare).
Invece tra gli effetti collaterali è bene ricordare una maggior incidenza di infezioni micotiche genitali ( + 11% nelle donne, + 4% negli uomini); lieve aumento delle infezioni delle vie urinarie.
L’uso di questi farmaci è possibile in quei pazienti con GFR > 60 ml/m.; con cautela con valori di GFR fra 45 e 60 ml/m; sconsigliato con valori di GFR < 45ml/m.
Gli Autori si sono soffermati anche sui potenziali effetti collaterali di due classi di farmaci di ultima generazione: i tiazolidindioni (TZD) e gli inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4).
Sul pioglitazone la letteratura ha ormai scongiurato il pericolo dell’associazione con il Ca vescicale mentre deve essere tenuta in considerazione il rischio di un aumento dell’incidenza di scompenso cardiaco, di fratture ossee soprattutto nelle donne e di aumento del peso corporeo.
Per il gruppo degli inibitori dei DPP 4 (in modo particolare Saxagliptin e Alogliptin), anche se non esistono in letteratura ancora dati sicuri su una possibile correlazione con un aumento del rischio cardiovascolare, si consiglia prudenza nel loro uso in pazienti con insufficienza cardiaca.
Per la categoria degli incretino-mimetici non c’è evidenza che l’uso di questi farmaci possa provocare pancreatiti e tumori pancreatici; l’unica raccomandazione è di non usarli in pazienti con pregressa pancreatite.
Nel documento, gli autori si sono soffermati su alcuni aspetti delle potenziali sequenze della terapia ipoglicemizzante dove, al primo stadio, insieme alle indicazioni per il cambio dello stile di vita, troviamo sempre la Metformina in monoterapia, facendo molta attenzione alla funzionalità renale anche se si sta molto discutendo sull’uso della metformina anche nei pazienti con insufficienza renale cronica lieve-moderata stabile comunque sempre sotto stretta sorveglianza della funzionalità renale.
Le opzioni sono molteplici e partono dalla monoterapia con metformina e, passando per la duplice e triplice terapia, arrivano infine alla terapia insulinica; tali scelte sono naturalmente finalizzate al raggiungimento del target glicemico e condizionate dalla tollerabilità e dalla comorbidità del paziente.
Nella duplice terapia, fra le sei opzioni, compare anche l’associazione con gli inibitori delle SGLT2 .
In modo molto sintetico si consiglia un approccio con duplice terapia nei pazienti con HbA1c al 9% (75 mmoli/mol) e terapia insulinica con valori di glicemia di 300-350 mg./dl e/o HbA1c di 10-12 % ( 86-108 mmol/mol).
Nel capitolo dedicato alla combinazione delle terapie iniettabili risulta interessante il prospettare, in pazienti selezionati come gli obesi o con difficoltà a gestire la terapia insulinica multi dose e già in terapia con insulina basale e con ipoglicemizzanti orali, l’associazione con un agonista del recettore GLP-1; scelta che sta suscitando un certo interesse, anche se onerosa.
Gli studi futuri, soprattutto quelli sull’impatto cardiovascolare della glicemia, potranno aiutarci a ottimizzare la terapia nel paziente affetto da diabete tipo 2.
La terapia ipoglicemizzante richiede comunque strategie diverse che devono tener conto della storia clinica, delle comorbidità, della tollerabilità ai farmaci del paziente senza dimenticare i costi delle possibili combinazioni dei farmaci ipoglicemizzanti.
Bibliografia