A cura di: Enzo Pirrotta e Marco Cambielli – SNAMID Nazionale
Trattare questo argomento significa illustrare prioritariamente i risultati dello studio GISSI Prevenzione (1,2) nel quale
11234 pazienti italiani con recente IMA ( Infarto Miocardio Acuto) (< 3 mesi) furono trattati random con 0,85 g/dl EPA e DHA per 3,5 anni . Al termine dello studio si registò una riduzione della mortalità totale del 21% e una riduzione del 45% della morte cardiaca improvvisa. L’analisi degli endpoints secondari ha rilevato una precoce riduzione del 21% ( sin dal terzo mese dall’inizio del trattamento) del rischio relativo di mortalità totale, un effetto attribuibile in larga parte alla riduzione della morte improvvisa. L’endpoint combinato primario di morte, IMA non fatale, e stroke non fatale si riduceva significativamente del 15% con il trattamento con n-3 PUFA. Nel trial le variazioni delle concentrazioni ematiche di lipidi sono state, come atteso, minimali: è stato dunque ipotizzato un possibile ruolo antiaritmico svolto da quella dose ( un grammo) di n-3 PUFA, secondo quanto derivato da una analisi post hoc. Nonostante lo studio abbia arruolato 11234 pazienti, lo stesso presenta alcune debolezze metodologiche quali l’uso di un gruppo di controllo in terapia tradizionale invece che un gruppo placebo unitamente all’essere stato disegnato con una struttura open-label In ogni caso le Linee Guida ESC per la cardiopatia ischemica del 2007 , a seguito dei risultati del GISSI Prevenzione, hanno inserito l’uso di 1 g di n-3 PUFA nel rapporto EPA/DHA pari a 85/15 nella terapia ottimale del post infarto con evidenza di livello 1.
Peraltro I risultati del GISSI Prevenzione non sono stati confermarti successivamente dai dati del DART 2 trial (3). Anche questo trial presentava debolezze metodologiche notevoli: consigliare l’incremento dell’utilizzo di n-3 PUFA in prevenzione secondaria non è esattamente uguale ad assumere 1 grammo/die di n-3 PUFA . I dubbi circa l’efficacia degli omega 3 nel post IMA, però, hanno ripreso corpo a seguito dello studio OMEGA ( 4,5)
Questo trial disegnato con un protocollo simile a quello del GISSI Prevenzione (differenza assai rilevante il periodo di osservazione, che si fermava ad un anno) non ha dimostrato alcun beneficio dal trattamento con n-3 PUFA nei confronti della morte improvvisa e della incidenza di stroke. Di conseguenza le Linee Guida Europee 2012 del management del post infarto suggeriscono che il consumo di acidi grassi polinsaturi n-3 ha ridotto la mortalità nei sopravvissuti di infarto miocardico in uno studio, ma non è riuscito a influenzare i risultati clinici in due studi clinici più recenti che utilizzano moderne terapie di prevenzione basate sull’evidenza e quindi non può essere raccomandato nella pratica di routine.
In Italia, parallelamente all’evoluzione di questa querelle scientifica internazionale, si assisteva nel 2013 ad un valzer vorticoso a proposito di rimborsabilità di n-3 PUFA nel post IMA: dalla rimborsabilità piena al declassamento in fascia C fino alla rimborsabilità con nota AIFA all’uopo pensata.
La novità che la Nota 94 introduce è che sono considerati rimborsabili nel post-infarto solo i farmaci PUFA n-3 con contenuto di EPA+DHA Esteri Etilici 85% minimo pari a 850 mg/g; l’inserimento di questa esclude dalla rimborsabilità, per questa indicazione, tutti gli altri farmaci che hanno concentrazioni di EPA+DHA più basse, perché non in grado di ridurre l’incidenza di Morte Improvvisa nel post-infarto. La durata del trattamento sarà garantita, in regime di rimborsabilità, per un periodo di 12 mesi ai pazienti che in seguito alla Sindrome Coronarica Acuta conservano una frazione di eiezione maggiore del 40% e per 18 mesi a quelli che presentano una frazione di eiezione minore del 40%.
Ma altre importanti novità bussano alla porta
Il consenso raggiunto dopo anni di dibattito ora è significativamente riaperto dalla pubblicazione dello studio OMEGA-REMODEL (6) i cui risultati sono stati appena presentati nel mese di Marzo 2015 a San Diego (USA), nel corso delle sessioni scientifiche dell’American College of Cardiology : i pazienti con infarto del miocardio trattati con elevate dosi di acidi grassi omega-3 in aggiunta alla terapia standard mostravano significativi miglioramenti della funzione e della struttura cardiaca rispetto ai soggetti che ricevevano la sola terapia standard. I ricercatori hanno randomizzato 374 pazienti, recuperati da un IMA e in terapia standard, a ricevere 4 grammi di acidi grassi omega-3 in capsule o un placebo subito dopo l’infarto acuto. I gruppi sono stati bilanciati in termini di localizzazione dell’infarto (anteriore o non anteriore) e per età. Le analisi del sangue e l’imaging cardiaco sono stati analizzati a 2 e 4 settimane dopo l’attacco cardiaco e di nuovo a 6 mesi. A confronto di precedenti studi, in questo caso è stata impiegata una dose molto superiore di omega-3 (4 grammi rispetto a 1 grammo al giorno). Come placebo si è data una piccola quantità di olio di mais che non contiene acidi grassi.
I pazienti del gruppo omega-3 dopo 6 mesi di trattamento hanno evidenziato una probabilità significativamente maggiore (39%) di avere un miglioramento della funzione cardiaca rispetto al gruppo placebo. In particolare, utilizzando la RMN, Kwong e collaboratori sono stati in grado di osservare le modificazioni delle strutture cardiache e vedere l’evoluzione del processo prima e dopo il trattamento. Come indici surrogati di outcome sono stati utilizzati i cambiamenti avversi nel rimodellamento e nella funzione del ventricolo sinistro così come il peggioramento della fibrosi.
Più in dettaglio, i soggetti che avevano assunto gli acidi grassi polinsaturi hanno fatto registrare – rispetto al placebo – una significativa riduzione dell’indice del volume telesistolico ventricolare sinistro (LVESVI); inoltre, è risultata significativamente diminuita anche la frazione del volume extracellulare miocardico (MECVF) che stima la quantità di fibrosi che si è formata dopo l’infarto.
Si presume, dall’analisi di questi dati basati oggettivi in quanto derivati da misurazioni da imaging, che, dopo un attacco cardiaco, il muscolo miocardico non danneggiato possa sviluppare fibrosi in quanto il cuore in queste condizioni è più debole ed il tessuto cardiaco non toccato dall’infarto deve lavorare in modo più intenso per la contrazione: se vi è un’infiammazione indotta dall’attacco cardiaco, allora questa flogosi potrebbe determinare un certo grado di fibrosi nel muscolo sano. Pare che questo processo possa essere influenzato dall’olio di pesce vista la consistente riduzione del MECVF dimostrata dallo studio . In effetti, tra i benefici offerti dell’olio di pesce vi sono effetti pleiotropici come la capacità di ridurre l’infiammazione, che potrebbe essere favorevole nella condizione post-infartuale.
L’analisi si è soffermata anche su altri biomarcatori-chiave di infiammazione sistemica, i quali sono pure risultati migliorati nei pazienti che assumevano olio di pesce. Soprattutto si è notata, nel braccio omega-3, una riduzione significativamente superiore di ST2, un marker di gravità di rimodellamento cardiaco avverso e di fibrosi tissutale. Lo stesso dicasi per la proteina C-reattiva e la mieloperossidasi.
Da sottolineare che la dose elevata di omega-3 è risultata ben tollerata e non ha fatto rilevare associazioni con alcun problema di sicurezza, come aumenti di sanguinamento
I dati sembrano consistenti ma, prima di aprire l’era degli alti dosaggi di n-3 PUFA nel post infarto, GISSI Prevenzione insegna, essi necessitano di essere consolidati. Ad esempio, lo studio non ha valutato gli eventi cardiaci possibili nel post infarto, come ad esempio la mortalità o la comparsa di scompenso cardiaco negli anni successivi, per insufficiente tempo di osservazione (sono infatti necessari anni di controlli) e per il numero di pazienti trattati, essendo considerato insufficiente per questo scopo il numero dei pazienti studiati in questa ricerca. La saga continua!
Bibliografia
2. Marchioli R et al Early protection against sudden death by n-3 polyunsaturated fatty acids after myocardial infarction: time-course analysis of the results of GISSI- Prevenzione Circulation 2002; 105: 1897-1903.
3. Burr ML. Secondary prevention of CHD in UK men: the Diet and Reinfarction Trial and its sequel Proc Nutr Soc. 2007 Feb;66(1):9-15
4. Kromhout D, Giltay EJ, Geleijnse JM. n-3 fatty acids cardiovascular events after myocardial infarction N Engl J Med 2010;363:2015–2026.274.
5. Rauch B, et al. OMEGA, a randomized, placebo-controlled trial to test the effect of highly purified omega-3 fatty acids on top of modern guideline-adjusted therapy after myocardial infarction. Circulation 2010;122:2152–2159
6. Kwong R, et al. Effect of Purified Omega-3 Fatty Acids on Reducing Left Ventricular Remodeling after acute Myocardial Infarction (OMEGA-REMODEL Study: a Double-blind Randomized Clinical Trial) American College of Cardiology 2015 Scientific Sessions, March 16, 2015, San Diego, CA. Abstract 913-08.