Le risposte dell’evidenza scientifica alle domande della medicina generale
A cura di: Enzo Pirrotta – MMG – Referente Nazionale Area Cardiovascolare SNAMID
A seguito dell’interesse suscitato dal dibattito successivo alla pubblicazione delle LLGG USA NTP sulla gestione delle dislipidemie e, a completamento del commento postato sul sito societario, credo che alcune provocazioni possano contribuire a mantenere viva l’attenzione di ciascuno.
Le statine possono entrare in gioco nella prevenzione primaria negli anziani?
J Am Coll Cardiol 2013;62:2090-2099
Savarese e colleghi hanno eseguito una metanalisi per stabilire se le statine riducano la mortalità globale e gli eventi cardiovascolari (CV) negli anziani senza una patologia CV evidente. Nell’analisi sono stati inclusi 8 trial comprendenti 24.674 soggetti di età >65 anni (età media 73 anni; follow-up medio 3,5 anni).Rispetto al placebo, le statine hanno ridotto significativamente il rischio di infarto miocardico (IM) del 39% e il rischio di ictus del 24%, ma non il rischio di morte per tutte le cause (risk ratio [RR]: 0,94; p = 0,21) e di morte CV (RR: 0,91; p = 0,493) !!
Il raggiungimento del target è comunque una garanzia ?
“Ridotti livelli di C-HDL sono associati con il rischio cardiaco in pazienti in terapia medica ottimale”
J Am Coll Cardiol 2013;62:1826-1833
In questa analisi post-hoc di soggetti con cardiopatia ischemica stabile del trial COURAGE è stata valutata l’associazione fra i livelli di colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità (C-HDL) e il tasso di eventi cardiovascolari. Il tasso di morte/infarto miocardico è risultato del 33% inferiore nel quartile superiore per livelli di C-HDL rispetto al quartile inferiore, e i quartili di C-HDL costituivano un predittore significativo e indipendente di morte/infarto miocardico. Fra i soggetti che avevano livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) < 70 mg/dl, quelli nel quintile superiore per C-HDL avevano un rischio inferiore del 65% di morte o IM rispetto a quelli nel quintile inferiore, e i quintili di C-HDL avevano un effetto predittivo inverso significativo. Questi risultati documentano che ridotti livelli di C-HDL costituiscono sempre un marcatore di rischio cardiaco, anche in presenza di livelli di C-LDL < 70 mg/dl.
Il C-LDL: meglio richiederlo o calcolarlo?
“Misurazione stimata versus misurazione diretta del C-LDL”
J Am Coll Cardiol 2013;62:732-739
Martin e colleghi hanno messo a confronto i valori di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) stimati mediante la formula di Friedewald e quelli misurati in maniera diretta. Oltre un milione di adulti statunitensi è stato sottoposto a valutazione del profilo lipidico mediante ultracentrifugazione e ha presentato una trigliceridemia < 400 mg/dl. Le maggiori differenze fra valore calcolato e valore misurato di C-LDL si sono avute per i livelli più bassi di C-LDL e per i livelli più alti di trigliceridi. Se il C-LDL calcolato con la formula di Friedewald era < 70 mg/dl, il valore mediano ottenuto con la misurazione diretta del C-LDL era di 0,9 mg/dl superiore per una trigliceridemia fra 150 e 199 mg/dl ed era di 18,4 mg/dl superiore per una trigliceridemia fra 200 e 399 mg/dl. Fra i pazienti con livelli calcolati di C-LDL < 70 mg/dl, il 39% aveva valori di C-LDL misurati in maniera diretta ≥70 mg/dl se la trigliceridemia era fra 150 e 199 mg/dl e questa percentuale saliva al 59% per trigliceridemie fra 200 e 399 mg/dl. L’equazione di Friedewald tende a sottostimare i livelli di C-LDL, soprattutto se i livelli di trigliceridi sono ≥150 mg/dl.