Tempo di lettura stimato: 7 minuti

Analisi dei fattori determinanti una scelta di qualità

A cura di: Marco Cambielli e Enzo Pirrotta – Centro Studi SNAMID

Gli Esteri etilici di acidi grassi poliinsaturi con un contenuto in EPA e DHA non inferiore all’85% ed in rapporto fra loro di 0,9 – 1,5, trovano le seguenti indicazioni terapeutiche:
Ipertrigliceridemia
Riduzione dei livelli elevati di trigliceridi quando la risposta alle diete ed ad altre misure non farmacologiche da sole si sia dimostrata insufficiente (il trattamento deve essere sempre associato ad adeguato regime dietetico).
Prevenzione secondaria nel paziente con pregresso infarto miocardico
Nei pazienti con pregresso infarto miocardico, in associazione ad altre misure terapeutiche quando appropriate, e indicato per ridurre il rischio di mortalità.

La rimborsabilità a carico del SSN di questi farmaci in fascia A è regolata dalla note AIFA nelle 2 indicazioni, rispettivamente la nota 13 e la nota 94. Mentre per l’utilizzo nelle ipertrigliceridemia secondo la nota 13 la letteratura è unanimemente indicativa, la prescrizione a carico del SSN secondo la nota 94 è stata riammessa solo in epoca relativamente recente.

Eppure la prima pubblicazione dell’efficacia degli omega 3 nel trattamento del post infarto risale al 1999(1) In questa prima pubblicazione vennero comunicati i dati relativi a 11323 soggetti, seguiti con un follow-up di 3 anni e mezzo,( 42 mesi) sopravvissuti ad un infarto miocardio trattati con omega 3, 1 g /die, con vitamina E, 300 mg/die, con entrambi e con null’altro, oltre al top del trattamento abituale. Il rischio di morte cardiovascolare, (-30%), mortalità totale (-20%) e morte improvvisa (-45%) risultò essere significativamente ridotto solo nei soggetti trattati con omega 3, con un meccanismo antiaritmico(2).
Un riesame dei dati e della casistica(3), evidenziò una significativa divergenza delle curve di mortalità tra i diversi gruppi di trattati a partire da 3 mesi dopo l’inizio del trattamento, a favore dei trattati con omega 3, ed una riduzione del rischio di morte improvvisa che diveniva significativa dopo 4 mesi di trattamento. Al 42° mese di trattamento il rischio relativo di morte improvvisa nei soggetti trattati con omega 3, verso i controlli, era pari a 0,55 ( Intervallo di Confidenza 95%:0,39-0,77).
I dati del GISSI erano stati successivamente confermati nella prevenzione secondaria della malattia coronarica : una riduzione significativa della mortalità totale e della morte improvvisa da -20% a -50% è stata dimostrata in studi che avevano usato da 0.85 a 4.0 g/die di omega 3, con durata di trattamento da 12 a 42 mesi(4).

Recentemente, oltre ai farmaci col marchio disponibili in commercio da molti anni, si è resa disponibile in commercio una formulazione equivalente ai farmaci originatori. Il Decreto Legislativo n°219 del 2006 definisce medicinale equivalente (precedentemente chiamato generico ):“un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.

Si fa quindi riferimento solo ed esclusivamente alle sostanze attive (principi attivi) in quanto dotate di effetto farmacologico; si deduce quindi che gli eccipienti, sostanze inerti a fini terapeutici, se non essenziali al conferimento del medicinale della forma idonea per la somministrazione (da decreto un generico per essere tale deve avere anche la stessa forma farmaceutica), possono essere diversi in un farmaco equivalente.

In realtà il tema degli eccipienti può avere un qualche interesse anche dal punto di vista farmacologico.
Gli eccipienti in quanto tali sono sostanze inerti a fini terapeutici e hanno un ruolo essenziale soprattutto nel conferire al principio attivo la forma idonea per la somministrazione.

Nel caso di questi particolari omega 3 perché questi farmaci sono resi disponibili in capsule molli?
Il motivo è semplice, perché, tra le varie preparazioni farmacologiche presenti oggi, le softgel sono le uniche chiuse ermeticamente (come conseguenza del processo di produzione) costituendo una barriera verso l’azione ossidante dell’ossigeno atmosferico, per il quale gli acidi grassi sono altamente sensibili; occorre ricordare inoltre la presenza antiossidante della vitamina E nel core della capsula ad ulteriormente conservare le caratteristiche dei principi attivi.

Quanti tipi di softgel (inteso come solo guscio esterno) esistono?
Esistono diverse formulazioni ma è imprescindibile la presenza di: gelatina, acqua, plasticizzante e conservante
Nel softgel finito, parliamo sempre di solo guscio esterno, l’acqua è meno del 5% mentre il plasticizzante è intorno al 30-40%. Il plasticizzante permette di rendere meno fragile la capsula e contemporaneamente aumentarne la flessibilità.
Nei farmaci originatori troviamo come eccipienti: gelatina, acqua, glicerolo (plasticizzante), sodio p-ossibenzoato di etile (parabene/conservante) e sodio p-ossibenzoato di propile (parabene/conservante)
Nell’unico equivalente di N-3 Pufa presente sul mercato italiano (Olevia) abbiamo invece: gelatina, acqua, glicerolo (plasticizzante), trigliceridi a catena media (conservante), lecitina di soia (emulsionante).

Come si legge da “Microbiologia degli alimenti” di Jay, Loessner e Golden(5) e in altri trattati sull’argomento i trigliceridi a catena media, hanno un importante azione antimicrobica (batteri, muffe e lieviti) paragonabile a quella dei parabeni, e perciò utilizzata oggi in molti alimenti in quanto con un profilo sicurezza più alto rispetto ai benzoati. I trigliceridi a catena media nel guscio esterno del farmaco equivalente svolgono quindi il ruolo di conservanti in luogo dei parabeni.
I parabeni sono usati estensivamente come conservanti nei cosmetici, prodotti ad toilette, cibi e prodotti farmaceutici grazie alle loro riconosciute proprietà battericide e funghicide, ma sono sostanze molto discusse, tanto che in alcuni Paesi si è preferito adottare il principio di precauzione. Nel maggio 2011, all’Assemblea Nazionale francese, è passata una proposta di legge che proponeva di mettere al bando ftalati parabeni e alchilfenoli; in Danimarca i parabeni sono vietati in tutti quei prodotti il cui uso è destinato a soggetti di età inferiore ai 36 mesi.

Quali sono i motivi di precauzione sui parabeni?
L’allarme sulla presunta pericolosità dei parabeni è nato dopo uno studio di Philippa Darbre, una biologa dell’università di Reading (Regno Unito) pubblicato nel gennaio del 2004 sul Journal of Applied Toxicology. Nello studio(6), guidato dalla Darbre ed eseguito su 20 campioni prelevati da donne affette da neoplasia al seno, si evidenziava che nella maggior parte dei campioni era stata riscontrata un’elevata presenza di parabeni, in particolar modo di metilparabene. Nello studio si ipotizzava quindi che i parabeni potessero favorire l’insorgenza di tumore al seno. La stessa studiosa ha anche recentemente affermato la necessità di una revisione regolatoria sul significato dei parabeni nel tessuto mammario(7).
I parabeni sono stati iscritti nella categoria degli “ endocrine disruptors”, cioè quelle sostanze che causano eventi avversi contrari alla salute in un organismo sano o nella sua progenie, con un meccanismo endocrino-mediato, secondo molte definizioni, tra cui una dell’OMS(8). Sul reale significato di questa attività non vi è accordo internazionale(9), anche perché vi è chi sostiene che la loro potenziale azione avversa sia legata alle dosi ed alla lunghezza della catena, essendo minore in quelli a catena corta. Certamente, in base al principio di precauzione l’aver sostituito i parabeni con trigliceridi a catena media come conservante nel prodotto equivalente, può costituire un vantaggio.

Nel prodotto equivalente, tra gli eccipienti è presente inoltre la lecitina di soia.
Per quanto riguarda la lecitina di soia, il suo ruolo nel guscio esterno è quello di emulsionante, data la presenza di omega 3 all’interno e trigliceridi a catena media nel guscio. La lecitina infatti viene aggiunta farmacologicamente per migliorare l’assorbimento dei lipidi.
Gli emulsionanti, hanno un ruolo molto importante nella digestione dei lipidi. I lipidi vengono digeriti nel duodeno grazie al succo pancreatico in cui si trovano degli enzimi del tipo lipasi che catalizzano l’idrolisi dei legami estere. Tuttavia, per rendere la digestione più efficiente, occorre aumentare la superficie d’azione a disposizione degli enzimi lipasi. Questo è possibile se la massa lipidica viene emulsionata in modo da suddividerla in piccole goccioline ben separate. Il compito di emulsionare i lipidi nel duodeno per garantirne una migliore digestione, viene assunto dalla bile, anch’essa riversata nel duodeno dalla cistifellea: i sali biliari sono i responsabili dell’azione emulsionante essendo molecole anfipatiche che quindi sono formate da una parte polare e idrofila e da una apolare (quindi idrofoba e lipofila). In questo modo le parti lipofile si legheranno agli acidi grassi e le parti idrofile si disporranno attorno alla gocciolina lipidica, isolandola dal resto della fase oleosa.

La differenza di eccipienti, come sopra espresso, in preparati contenenti Esteri etilici di acidi grassi poliinsaturi con un contenuto in EPA e DHA non inferiore all’85% ed in rapporto fra loro di 0,9 – 1,5, può discriminare la scelta tra i farmaci originatori ed il farmaco bioequivalente in termini di efficacia e sicurezza clinica?
Cioè la bioequivalenza, un parametro farmacocinetico, può garantire che tra originatore e bioequivalente non vi siano differenze di efficacia e sicurezza, magari legate agli eccipienti, come sopra esposto?
Non vi sono documentazioni di studi in merito, e a dire il vero esistono pochi confronti dal punto di vista dei risultati clinici tra altri farmaci originatori ed altri farmaci equivalenti, e la domanda rimane sospesa.
Esiste un altro parametro differenziale tra N-3 Pufa originatori e farmaco bioequivalente che non può essere dimenticato: attualmente il paziente che acquista il farmaco originatore è costretto a pagare la differenze rispetto al prezzo di riferimento rappresentato dal prodotto bioequivalente: non è un parametro scientifico, ma è pratico per chi esercita la professione della Medicina generale.

Alla fine ricordiamo i contenuti delle note che riguardano l’utilizzo degli omega 3 nei prodotti con i fissati rapporti tra EPA e DHA:
Nota 13: Pufa Omega 3 prescrivibili per: Dislipidemie familiari secondo i criteri specificati al relativo paragrafo: iperchilomicronemie e gravi ipertrigliceridemie (trattamento di 1° e 2° livello); Iperlipidemie in pazienti con insufficienza renale cronica moderata e grave per livelli di Trigliceridi ≥ 500 mg/dL
Nota 94: Ricovero per sindrome coronaria acuta con o senza innalzamento del tratto ST, sofferta sindrome coronaria acuta con o senza innalzamento del tratto ST nei precedenti 90 giorni.
La nota indica inoltre, per la possibilità prescrittiva, la necessità della presenza di alcuni parametri strumentali e laboratoristici e la relativa durata del trattamento atti a condizionare la rimborsabilità a carico del SSN.

– SCARICA IL PDF –

Bibliografia

  1. Dietary supplementation with n-3 polyunsaturated fatty acids and vitamin E after myocardial infarction: results of the GISSI-Prevenzione trial. Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’Infarto miocardio Lancet1 1999 Aug 7;354(9177):447-55.
  2. Marchioli R et al Antiarrhythmic mechanisms of n-3 PUFA and the results of the GISSI-Prevenzione trial J Membr Biol 2005 Jul;206(2):117-28
  3. Marchioli R et al Early protection against sudden death by n-3 polyunsaturated fatty acids after myocardial infarction: time-course analysis of the results of GISSI- Prevenzione Circulation 2002; 105: 1897-1903
  4. Jacobson TA Secondary prevention of coronary artery disease with omega-3 fatty acids. Am J Cardiol. 2006 Aug 21;98(4A):61i-70i. Epub 2006 May 30
  5. Jay, James M., Loessner, Martin J., Golden, David A. Microbiologia degli alimenti. Springer Italia ed .2009
  6. Darbre PD, Aljarrah A, Miller WR, Coldham NG, Sauer MJ, Pope GS. Concentrations of paraben in human breast tumorsJ Appl Toxicol. 2004 Jan-Feb;24(1):5-13.
  7. Darbre PD , Harvey PW Parabens can enable hallmarks and characteristics of cancer in human breast epithelial cells: a review of the literature with reference to new exposure data and regulatory status J Appl Toxicol. 2014 Sep;34(9):925-38. doi: 10.1002/jat.3027. Epub 2014 Jul 22.
  8. Nohynek GJ et al Endocrine disruption: Fact or urban legend? Toxicology Letters 223 (2013) 295– 305
  9. Faniband L et al Human biological monitoring of suspected endocrine‑disrupting compounds Asian Journal of Andrology (2014) 16, (5–16)