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Nei paesi industrializzati il tumore mammario rappresenta la neoplasia femminile più frequente: statisticamente una donna su 10 svilupperà una neoplasia mammaria nell’arco della vita.
Il tumore dell’ovaio-tube interessa circa 2-3 donne su 100.
Nell’ambito di queste malattie oggi sappiamo che è molto importante tener presente il concetto di“familiarità” in quanto una donna con una storia familiare significativa per tumore della mammella e/o dell’ovaio può avere un aumentato rischio di ammalarsi della stessa malattia rispetto ad una donna che non ha nessun familiare colpito dalle stesse patologie.

Quando parliamo di familiarità dobbiamo sempre tener presente che in una certa percentuale di casi l’aumentata frequenza di queste neoplasie all’interno di una famiglia potrebbe essere dovuta alla presenza di unamutazione genetica, situazione che espone ad un livello di rischio ancora più elevato. La valutazione del rischio rappresenta quindi il momento prioritario nella gestione della prevenzione di queste neoplasie.

E’ fondamentale pertanto conoscere la storia personale e familiare del soggetto: per raccogliere tutte le informazioni necessarie alla valutazione utilizziamo un “questionario di familiarità” che permette la costruzione di un “albero genealogico”. A questo punto grazie all’utilizzo di software dedicati siamo in grado di valutare il livello di rischio/probabilità di mutazione  e quindi di suggerire al soggetto l’opportunità o meno che si sottoponga ad unaconsulenza genetica attraverso la quale è possibile identificare i soggetti ai quali proporre l’esecuzione del test genetico.

Il test genetico è un processo che permette, attraverso un prelievo di sangue, di evidenziare la presenza delle due mutazioni che oggi siamo in grado di identificare  per il rischio mammario/ovarico e cioè il BRCA1 e BRCA2.
Le donne portatrici di una di queste mutazioni hanno una probabilità che può variare dal 50% all’80% di sviluppare un tumore alla mammella. Per quanto riguarda il tumore ovarico nel caso di mutazione del gene BRCA1 il rischio è valutato nell’ordine del 20- 40%, nel caso di mutazione BRCA2 del 10-20%.
La mutazione BRCA2 concorre inoltre ad un aumentato rischio di tumore in altri distretti corporei (prostata, pancreas, cute, tratto gastroenterico).

Per  garantirne l’attendibilità il test va sempre fatto (ove possibile) sul soggetto che in famiglia si è ammalato  di tumore al seno/ovaio in età più giovane, per poi passare, in caso di positività, ad effettuare la ricerca di mutazione anche sui consanguinei sani.


E’ molto importante conoscere i criteri che in linea di massima identificano i candidati alla consulenza genetica all’interno di una famiglia.

Riportiamo i criteri delle linee guida  della FONCaM
(Forza Operativa Nazionale Carcinoma Mammario) – www.senologia.it/foncam
 

  1. 1) Presenza di 2 o più parenti di I e II grado tra loro (es. mamma, sorelle, figli, zie, nonna) con tumore mammario e/o degli annessi (ovaio/tube, NON utero), soprattutto se manifestato prima della menopausa;
  2. 2) Familiare con mutazione già accertata;
  3. 3) Presenza di un tumore della mammella maschile;
  4. 4) Tumore della mammella ( anche un solo caso in famiglia) prima dei 36 anni;
  5. 5) Tumore mammario ad entrambi i seni sia diagnosticati contemporaneamente che in anni differenti;
  6. 6) Tumore della mammella e dell’ovaio/tube nello stesso soggetto;
  7. 7) Tumore dell’ovaio/tube (anche un solo caso) prima dei 45 anni.

Essere portatori di una mutazione genetica significa avere un rischio maggiore, rispetto ad un individuo di pari età della popolazione generale non mutato di poter sviluppare un tumore della mammella e/o dell’ovaio nel corso della propria vita: si eredita quindi un “rischio” e non la “malattia”.

In caso di aumentato rischio di tumore della mammella e/o dell’ovaio è oggi possibile rivolgersi a centri specializzati dove vengono attuate delle strategie mirate e personalizzate di riduzione del rischio.

Infatti sono a disposizione programmi di monitoraggio specifici che permettono una adeguata sorveglianza nel tempo degli organi interessati, allo scopo di permettere una eventuale anticipazione diagnostica.

Un’altra opportunità è quella di partecipare ai protocolli di studio di prevenzione primaria rivolti ai soggetti a rischio medio/elevato.

Ricordiamo che per prevenzione primaria in oncologia intendiamo quei programmi che si rivolgono a soggetti sani ad aumentato rischio oncologico ed hanno come obiettivo la riduzione di tale rischio  attraverso o l’adozione di adeguati stili di vita (diete, attività fisica, abolizione del fumo, etc ) o l’assunzione di farmaci.
La prevenzione primaria si affianca oggi ai programmi di screening clinico-strumentale che negli ultimi anni hanno permesso la riduzione della mortalità per cause oncologiche grazie all’anticipazione diagnostica (cervice uterina, mammella, colon..).

In questa ottica si inquadra uno studio recentemente avviato dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano dal titolo:

Prevenzione del carcinoma mammario in giovani donne
a rischio genetico/familiare con fenretinide,
studio clinico randomizzato di fase III

Lo studio multicentrico italiano, controllato si rivolge a soggetti che presentino i seguenti criteri di eleggibilità:

  1. 1. donne sane
  2. 2. dal  20 ai 46 anni di età
  3. 3. portatrici di mutazione BRCA1 o BRCA2 o con elevata probabilità di mutazione
  4. 4. in premenopausa
  5. 5. disponibili ad evitare una gravidanza con adeguati sistemi contraccettivi per tutta la durata del trattamento (5 anni).

Chi aderisce al programma verra’ trattato per 5 anni con fenretinide (farmaco derivato della vitamina A) alla dose di 200mg/die o placebo.
Tutti i soggetti saranno seguiti ad intervalli regolari con esami clinico strumentali sia durante i 5 anni di trattamento che per  altri 15 anni dopo la fine di tale periodo.

L’obiettivo primario è l’incidenza di tumore mammario e/o ovarico nei due gruppi di trattamento.
Allo studio hanno aderito al momento 10 centri,  tra i più prestigiosi a livello nazionale in grado di offrire la consulenza ed il follow up integrato ai soggetti a rischio familiare. Altri centri sono in fase organizzativa.

La scelta della fenretinide è motivata dai risultati di uno dei primi studi condotti con questa molecola alla fine degli anni ottanta: in questo studio furono trattate con fenretinide pazienti operate di tumore al seno, con l’obiettivo di valutare la riduzione delle recidive, nei confronti di pazienti non trattate.

Dopo un follow up di più di 15 anni si è confermato che la fenretinide nelle donne in premenopausa protegge la mammella dalla recidiva di tumore sia omo che controlaterale.
Inoltre è stato evidenziato un trend positivo nei confronti del carcinoma ovarico nel gruppo della donne trattate.
I dati di questo studio ci hanno dimostrato che il farmaco è molto ben tollerato: gli effetti collaterali sono di modesta entità e scompaiono con la sospensione del trattamento.

L’unico reale effetto critico del farmaco è la sua presunta (mai confermata) teratogenicità, in quanto appartenente alla classe dei retinoidi.

Gli incoraggianti risultati clinici ottenuti nella prevenzione del tumore alla mammella ci stanno spingendo  ad estendere questa sfida anche in altri ambiti oncologici, ad esempio nei confronti del tumore del retto-colon ed in particolar modo della FAP (poliposi adenomatosa familiare).